“C’è un mondo di stranieri che vede l’Italia come un mondo da portare via, da depredare, e c’è un mondo di italiani che si disfano dei pezzi migliori della propria arte.”
Moltissime persone vivono e hanno vissuto in passato grazie al traffico d’arte: di questo parla il nuovo libro di Fabio Isman “L’Italia dell’arte venduta” presentato oggi dall’autore accompagnato dallo storico Andrea Merlotti, dallo scrittore Carlo Tosco e in particolare dallo storico dell’arte Antonio Paolucci, il quale lo definisce un libro esemplare poiché stringe a sintesi un argomento più volte frantumato in infinite voci letterarie e nascosto.
Il libro si divide in 17 brevi capitoli, organizzati non per argomenti ma secondo episodi particolari, “stranezze” che hanno portato alla dispersione delle opere italiane fuori dal nostro paese. Particolarmente interessante è il dibattito che emerge da un capitolo del libro: il nostro patrimonio all’estero è come una “carta d’identità”, una pubblicità oppure le opere al di fuori del loro contesto perdono il rapporto con il paesaggio italiano e quindi anche un po’ del loro valore? Non si tratta di un conflitto tra cosmopoliti e nazionalisti ma dell’importanza di mantenere la cultura del territorio in quanto patria dell’opera stessa.
“L’Italia dell’arte venduta” è un ritratto storico e psicologico del nostro popolo che si rivela incredibilmente contemporaneo, e appunto è importante che noi, in quanto italiani, conosciamo anche questa ignota pagina della nostra storia e cultura.
Cosa possiamo fare noi giovani per evitare che ciò accada ancora e salvaguardare il nostro patrimonio? “Studiare la storia, le opere, gli artisti che hanno fatto grande l’Italia.”
Chiara Sanvincenti, Sara Verhovez
Liceo Alfieri
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