La vita che aspetta
Era il 26 gennaio del 2012, una data da lungo tempo attesa da Sam. Negli ultimi dieci anni aveva contato reiteratamente i giorni che lo avevano separato da quella data. A tal proposito teneva un calendario sul tavolo sul quale contrassegnava i giorni che passavano. A volte passavano veloci e a volte lenti, come nei weekend durante i quali era stato difficile trovare qualcosa da fare che non fosse guardare la TV o leggere un libro, mentre durante la settimana aveva occupato il tempo con varie attività: la scuola, i corsi, i laboratori… comunque ora sarebbe tutto finito.
Fuori c’era il sole e l’aria frizzante, pungente penetrava dalle finestre lasciate aperte. Faceva freddo ma Sam non ci prestava attenzione mentre raccoglieva le sue cose e le infilava in grandi borse. I suoi effetti personali: i libri, le lettere, i CD, tutte cose che avevano accompagnato la sua detenzione nel carcere di San Vittore.
Si soffermò a guardare un libro dalla copertina viola; i caratteri in rilievo che riportavano il titolo “Trias and tribulation”. Quel testo lo aveva aiutato ad affrontare momenti difficili poiché insegnava come essere pazienti nelle avversità. Il libro era appartenuto al suo compagno di cella. Questi, poi, glielo aveva regalato quando Sam era stato trasferito in un’altra sezione. Un caro ragazzo. Non avrebbe mai immaginato di trovare l’amicizia in prigione. Gli era dispiaciuto salutarlo, ma nella loro condizione non potevano scegliere neppure le piccole cose, come quale cibo mangiare ai pasti o quando farsi la doccia.
Ora, però, niente aveva più importanza.
La guardia carceraria apparve dietro le sbarre della cella. <<È la tua ora d’aria>>. Sam annuì sommessamente e si avvicinò al cancello mentre le grosse chiavi giravano nella serratura. Il corridoio era silenzioso, la sezione deserta.
Fuori era una giornata piacevole, il cielo terso, il sole caldo. Godendosi i tiepidi raggi sul viso Sam inspirò profondamente l’aria fresca. Se solo non ci fossero state quelle mura alte e cupamente grigie a circondare il cortile… Avrebbe voluto rivedere la sua casa, il luogo in cui era cresciuto e del quale conservava i ricordi più belli. La sua famiglia era venuta a trovarlo qualche giorno prima. Era strano, ma saperli là fuori non gli procurava alcun conforto.
La porta del cortile si aprì determinando la fine della sua ora d’aria. Come volava il tempo, anche in prigione, dove avrebbe dovuto invece fermarsi.
Sam rientrò nella struttura e camminò fino alla sua cella con quel fare rassegnato che aveva assunto ormai da anni. Il cancello si richiuse con un suono metallico alle sue spalle. Poi, svogliatamente disfò il letto e vi ripose sopra le lenzuola e la coperta piegate.
Qualche ora dopo la guardia tornò. <<Devi andare; sei pronto?>>
<< Solo un istante>> Sam si avvicinò alla finestra per chiuderla. Sul muro di fronte, un passero cinguettava arruffando le piume. Era l’ultima volta che guardava quel muro da dietro le sbarre.
Prese le sue cose e lasciò la cella. Per un tempo che parve infinito fu oberato dalle procedure burocratiche, ma alla fine se ne liberò e senza neanche rendersene conto fu fuori dalla struttura penitenziaria senza più guardie a seguire e sorvegliare ogni suo spostamento.
In quel momento realizzò quanto fosse spaventato al pensiero della vita che lo aspettava in quel mondo dal quale mancava da oltre dieci anni e che ormai si era dimenticato di lui.
Poesie
Campagna: colline, boschi, pascoli, animali, rumori, vigneti, frutteti, terrazzamenti, campi, villaggi, fattorie, fienili, lavoro, attrezzi agricoli, sentieri, corsi d’acqua, mulini, stagioni.
Oh luce! Inonda i dolci versanti
scolpiti di vigneti tra pascoli e boschi
ove si leva il canto degli uccelli
tra le ombre delle chiome
nel sottobosco attraversato da tortuosi sentieri
che mi portano a casa
nella valle ove le pietre sorgono
tra canali e campi arati.
Là in mezzo a loro l’aratro abbandonato
nell’inverno della campagna.
Lara
I racconti di mio nonno
Sicilia, la terra del sole dove vivevano i miei cari nonni. È lì che sono nata io, in un luogo pieno d’amore, profumi, semplicità.
Ricordo come se fosse ieri la mia dolce infanzia, io e le mie sorelle cresciute con i nonni, perché i nostri genitori erano al nord per lavoro. La casa dei nonni era molto semplice ma comoda e accogliente. Mia nonna si chiamava Maria e mio nonno Pasquale: mi piaceva tanto stare con loro, sentire le storie che mi raccontavano.
Per tutte noi sorelle era sempre una festa anche quando andavamo a prendere l’acqua dal camion che veniva con le riserve di acqua e noi correvamo tutti giù a riempire i bidoni, le bottiglie, i secchi. Tutte noi sorelle e ci bagnavamo tutti.
Ricordo mio nonno, lui era cieco però sapeva fare tante cose e io sempre vicina a lui mentre accendeva la stufa a legna perché avevo paura che si bruciasse. Ma nonno mi diceva che sebbene i suoi occhi non vedessero, conosceva tutto di quella stufa, così, mentre lui raccontava, si sentiva scoppiettare il fuoco: per me era un eroe. Quando il fuoco era ben avviato, la nonna si metteva a cucinare tanti piatti buonissimi mentre nonno metteva la pesca dentro il vino e io gli dicevo: <<anche a me un po’>> e per farmi felice lo faceva anche per me, solo che mi imbrogliava e metteva poco vino e tanta acqua. Io gli dicevo <<nonno ti ho visto>>; nonno sorrideva e diceva: <<così è più buono>>, ma era veramente tanto buono.
Ricordo le nostre passeggiate in piazza dove c’erano quattro panchine, tre piccoli alberi e una fontana senza acqua. Ci sedevamo all’ombra: nonno fumava una sigaretta, io aspettavo il gelataio, prendevamo il gelato e nonno cominciava a raccontarmi della guerra e di come fosse brutta e con quanta paura si vivesse. Diceva sempre che per fortuna e con l’aiuto di Dio la sua famiglia si era salvata e quando lo diceva i suoi occhi erano piene di lacrime. Così lo prendevo sotto braccio, gli davo il bastone e lo distraevo da quei ricordi angoscianti.
Ricordo un episodio molto divertente: mia sorella aveva messo i pattini nella stufa a legna per nasconderli da nonna, perché lei non voleva che mia sorella pattinasse dentro casa. Così nonna accese la stufa e i pattini di mia sorella si sciolsero. Quanti pianti, povera sorella, ma arrivò nonno e le disse che ne avrebbe comprato un altro paio più bello, così mia sorella tornò a sorridere.
Poi arrivava l’estate, si partiva per il mare, in un paese chiamato San Leone fatto di case di pietra, cortili pieni di fiori e tante panchine colorate. C’era anche un piccolo bar e un ristorante con la terrazza che si affacciava sul mare. La sera tutte noi ragazze e ragazzi ci riunivamo al bar sulla piazza, si ascoltavano le canzoni mettendo un gettone nel jukebox.
Mia nonna stava a guardare che non succedesse niente di male, il nonno era seduto sulla sedia a dondolo che fumava, non so cosa guardasse ma vedevo i suoi occhi felici. Mio nonno amava passeggiare al mare, quindi la mattina presto andavamo in spiaggia; il sole non era ancora tanto caldo, metteva i piedi in acqua e camminava a lungo, poi ci sedevamo e mi chiedeva di descrivergli quello che vedevo, allora elencavo tutto e da lì nonno raccontava le sue storie. Narrava la storia delle sirene che aiutavano le navi ad arrivare al porto e aiutavano le persone disperse nel mare. Per ogni punto del mare lui aveva una storia; io ascoltavo per ore. Mi raccontava anche che ai piedi dell’arcobaleno c’erano degli gnomi che custodivano l’oro e solo chi era buono poteva prenderlo.
L’amore di quei nonni si percepiva in ogni parola, in ogni sguardo, in ogni carezza. La mia felicità nel vederli sorridere, come li ho amati e quanto li amo ancora vivranno sempre nel mio cuore.I loro insegnamenti d’amore li hanno dati a me, io li ho trasmessi ai miei figli ed ora ai miei nipoti.
Miei cari nonni vi amo.
Loredana Giusto
Dolomiti – un amore per la natura
Era il 1992 in una fredda e grigia domenica pomeridiana di gennaio, mentre osservavo dalla finestra al calduccio della mia casa, sprofondata in una poltrona, la neve che scendeva lentamente a coprire i tetti e le strade del mio quartiere, insolitamente silenzioso e tranquillo, pensavo dove trascorrere le nostre vacanze estive. Mi alzai dalla poltrona e decisi di mettermi al computer, non potendo uscire per la solita passeggiata domenicale nel vicino parco della Pellerina.
Comincio a navigare su internet, su vari siti che proponevano vacanze estive in montagna. M’ imbattei su quello dell’azienda autonoma della Val di Fassa. Questo sito proponeva oltre alle varie sistemazioni alloggiative, la descrizione dei vari paesi che formano tale vallata. La visione di tutto questo mi incuriosì ed entusiasmò molto e feci vedere a mio marito questo sito, il quale fu molto interessato. Decidemmo così di trascorrere le nostre vacanze estive nella Val di Fassa e più precisamente a Canazei. Dopo svariate ed ulteriori ricerche sulle varie sistemazioni abitative offerte, prenotai in un albergo che per la qualità e prezzo faceva al caso nostro con camere molto accoglienti e ben arredate con mobili tirolesi.
Durante i restanti mesi invernali e prima di partire mi capitò sovente di soffermarmi su questo sito beandomi nel vedere le foto che aveva al suo interno e sognando ad occhi aperti, mi immaginavo già a fare lunghe passeggiate per le valli e i monti di quelle località.
Nei giorni precedenti l’inizio della vacanza, preparai con molta cura le valigie mettendo in esse maglioncini, scarponcini, pantaloni sia corti che lunghi, mantelle per la pioggia e quant’altro potesse servire per tale vacanza. Giunse il giorno della partenza ed ero molto eccitata perché molto curiosa di vedere quella località. Dopo dodici ore di un viaggio estenuante e faticoso, dovuto alla lunga coda fatta sotto il sole rovente in autostrada e una serie di curve e tornanti giungemmo finalmente all’inizio della Val di Fassa. Il primo impatto visivo fu una enorme montagna che svettava sul primo paese che incontrammo. Restammo meravigliati da tanto splendore. Man mano che ci inoltravamo nella vallata ci venivano incontro altre meraviglie di cui in quel momento non conoscevamo ancora l’esistenza, né tantomeno il nome.
Arrivammo a Canazei e lì il paesaggio era ancora più bello con le sue case dipinte e adorne di fiori quali surfinie e gerani penduli, che formavano con i loro colori un immenso arcobaleno. Le montagne circondavano il paese come una corona regale. Dopo aver preso possesso della camera assegnataci, anche se stanchi, prendemmo una strada che si inoltrava in un bosco fitto di alberi. Sopra di essi svettava un grosso panettone che a quell’ora era quasi al tramonto, splendeva di una luce rossastra. Restammo incantati e non avremmo più voluto staccarci da quell’immagine. Si stava facendo buio e decidemmo di ritornare all’albergo e ci riproponemmo il giorno seguente di proseguire su tale strada sino a raggiungere almeno la base di quella vetta.
La mattina seguente, dopo una ricca e abbondante colazione a base di latte, pane abbrustolito, marmellata, torte artigianali e prodotti locali, chiedemmo al proprietario dell’albergo di conoscere i nomi di queste vette maestose e lui molto gentilmente, con l’aiuto di un libro con molte fotografie, ci spiegò che le Dolomiti erano chiamate “Monti Pallidi” per la loro caratteristica del cambio di colore che subivano nelle diverse ore della giornata; rosa al sorgere del sole, grigie prima del tramonto, quando piove o dopo un gran temporale estivo, rossastre al tramonto e nere nella notte buia ma illuminata dalla luna piena. Continuò con l’elenco dei monti: il Sasso Lungo, il Sasso Piatto, il gruppo del Sella (il panettone visto la sera prima, la Marmolada, che con il suo immenso ghiacciaio era proprio di fronte all’albergo e le Vaiolet che si vedevano in lontananza.
Lo ringraziammo per le sue preziose informazioni e dopo aver calzato gli scarponcini, issato sulle spalle lo zaino con acqua e viveri, ci dirigemmo di nuovo sulla strada della sera precedente. Mentre ci inoltravamo nel fitto bosco, incontrammo le marmotte, le quali al nostro passaggi, squittirono e si misero sul chi va là. Con questi gesti e suoni sembravano dire che quello era il loro territorio e che dovevamo rispettarlo.
Dopo una lunga e faticosa salita, raggiungemmo la base del gruppo Sella con al suo fianco il Sasso Lungo e quello Piatto. Visti da così vicino erano ancora più maestosi e imponenti e alzandosi verso il cielo di un intenso azzurro sembrava che lo perforassero con la loro bellezza. Facemmo in quei venti giorni di vacanza altre bellissime passeggiate tra i boschi e monti e salimmo spesso con seggiovie e funivie verso quote più alte sino ad arrivare sul ghiacciaio della Marmolada. Nel silenzio di quei boschi fitti di abeti o quando si arrivava alla sommità di un monte o ci fermavamo a riposare per ammirare quello che ci circondava, ci pareva di sentire la natura parlare e dire a noi umani di rispettarla, di amarla e di condividere con lei quello che il buon Dio aveva creato e donato a noi.
Al ritorno in città nel riprendere la nostra frenetica vita quotidiana si avevano negli occhi e soprattutto nel cuore le immagini delle Dolomiti. Ci riproponemmo di tornare in quella valle e così abbiamo fatto. Da quell’anno in poi, innamorati dei “Monti Pallidi” abbiamo sempre trascorso le vacanze estive in quei luoghi, spaziando in lungo e in largo in altre meravigliose vallate come la Val Gardena, la Val Badia, la Val Pusteria, la Valle del Brenta-Adamello e il nostro amore per esse è ed è sempre stato man mano che passavano gli anni più forte e più attratto verso queste splendide montagne. Durante i mesi invernali, rivediamo sovente le fotografie che scattiamo durante la vacanza e ci sembra di rivedere l’estate trascorsa in mezzo a questa natura rigogliosa e magnifica.
Le Dolomiti sono e resteranno per sempre nei nostri cuori e se un giorno non avessimo più la possibilità di poterle raggiungere non le dimenticheremo mai, perché ci hanno dato tanta felicità, serenità, amore e perché i vecchi e profondi amori non si scordano mai.
Anna Maria F.
Layla
Layla era molto contenta quando poteva stare nel suo piccolo mondo e perdersi nella lettura, nella magnificenza di quelle storie che lei immaginava in base alla descrizione fornita dall’autore… poteva sentire profumi, vedere colori e posti che non immaginava nemmeno potessero esistere. Spesso non si rendeva conto del trascorrere del tempo, a ridestarla erano i richiami della nonna e della sorella Daisy che la cercavano per il tè o per una passeggiata.
Un giorno di fine agosto ci fu un brutto temporale e la gita, che a lungo era stata programmata nella vicina città per fare acquisti in vista della prossima festa di compleanno della sorella Daisy, era andata in fumo o quantomeno era stata rinviata fino a che il tempo non avesse permesso di uscire.
Daisy brontolava e camminava per casa delusa, perché immaginava un finale diverso per quella giornata… aveva programmato diversi acquisti, voleva andare in una delle migliori sartorie per farsi confezionare un abito che le calzasse a pennello e le permettesse di fare sfoggio di tutta la sua bellezza… poi avrebbe visitato i negozi più belli, dove poter acquistare delle scarpette adatte, dei guanti e tutto ciò che era necessario.
Per Layla, invece, fu un gran colpo di fortunaperché l’idea di passare una giornata intera dietro a sua sorella, alla nonna e ai loro capricci di vanità non l’allettavano per nulla; quindi, appena le fu chiaro che poteva rifugiarsi nel suo piccolo paradiso, si sentì rinascere.
Scese le scale di corsa, per raggiungere velocemente lo studio del nonno e quando vi giunse, prima di adagiarsi sulla solita poltrona, guardò fuori dalla finestra la pioggia scendere copiosa sugli alberi e contro i vetri; era la fine della stagione calda e già le foglie, anche se lentamente, cominciavano la loro metamorfosi. Un brivido le attraversò l’esile corpicino, allora si raggomitolò sulla poltrona e, preso il libro che già aveva iniziato a leggere, s’immerse nel suo mondo dimenticando tutto il resto.
Il nonno silenziosamente osservava la nipotina e gioiva segretamente per l’amore che la ragazzina nutriva per la letteratura, gli ricordava a tratti la sua infanzia. Pensava alla differenza abissale che c’era tra le due ragazze: Daisy era molto bella ma allo stesso tempo superficiale e disinteressata a qualunque forma di cultura, mentre la piccola Layla aveva un grande dono… amava tutto ciò che poteva darle nuove conoscenze, nuove attrattive, era come un libro da scrivere e questo gli dava molta soddisfazione.
Nella mente del vecchio patriarca andavano plasmandosi grandiosi progetti per il futuro di quella piccola ragazzina che gli riempiva il cuore di gioia. Parlando con l’amata moglie del futuro delle due nipoti, i due si trovarono d’accordo sul fatto che Daisy, dopo il debutto in società, trovasse un buon marito e si sposasse, mentre discussero al lungo sul futuro che attendeva la piccola Layla. Infine si decise che nell’autunno la ragazzina sarebbe stata mandata in un collegio per continuare a studiare e a istruirsi e forse, un giorno non lontanissimo, poter essere lei l’autrice di qualche libro meraviglioso.
Manuela Binando
Sonia
Seduta sul divano, sgranocchiando biscotti, Sonia stava pensando alla fine della sua solita, noiosa giornata.
Sonia era sempre stata una ragazza molto riflessiva e tranquilla, legatissima alla sua grande amica d’infanzia Edith, esattamente il suo opposto, sia fisicamente che caratterialmente.
Sonia, non molto alta, lunghi capelli ricci, indomabili e occhiali che nascondevano il viso, mentre la sua amica, fisico da modella, capelli cortissimi ed un sorriso contagioso. Riuscivano a completarsi l’una con l’altra. Fin dall’asilo si erano piaciute e scelte praticamente subito, ed ora, anche se avevano seguito due percorsi di studi e di vita diversi, continuavano a mantenere intatto il loro rapporto d’amicizia, ma soprattutto la loro voglia di esplorare e scoprire nuovi orizzonti.
Alle scuole elementari avevano scoperto in un’aula il loro primo mappamondo e sorridendo Edith aveva commentato: “Un giorno faremo insieme un fantastico viaggio!”.
Terminate le superiori, avevano intrapreso scelte di vita diverse: Sonia aveva continuato il percorso di psicologia, Edith abbandonata la scuola, frequentata con scarsi risultati, si era lanciata nel mondo della moda e delle sfilate. Nonostante tutto non avevano mai dimenticato quella promessa fatta anni prima.
La giornata di Edith era iniziata, come al solito, molto tardi; una veloce colazione e la solita sessione di esercizi nella vicina palestra. Dopo essere andata a vivere da sola, aveva scelto un appartamento in centro, nella città del suo cuore: Genova.
Sonia invece era ancora costretta, non avendo raggiunto l’indipendenza economica, a vivere con i genitori, con la speranza però con il suo nuovo impiego al call center di riuscire a conciliare studio e lavoro e trovare finalmente un piccolo monolocale tutto per lei.
Quel venerdì, recandosi al lavoro, Sonia decise di tentare la fortuna comprando un “gratta e vinci” in tabaccheria e scoprì subito con grandissima sorpresa di aver vinto un discreto gruzzoletto. Già sapeva a cosa avrebbe destinato la sua vincita: chiamò subito Edith dicendole: “Potremo finalmente realizzare il nostro sogno fatto davanti al mappamondo!”.
Ritrovatesi nel pomeriggio, cominciarono a progettare la meta, … ma il destino aveva già deciso per loro. Passeggiando nei giardini videro una ragazza indossare uno splendido sari: la scelta era fatta.
Si ritrovarono dopo due giorni all’aeroporto e quando finalmente atterrarono a New Delhi furono accolte da un sole accecante e da un’ondata di caldo asfissiante. Salite su un taxi sgangherato arrivarono al loro hotel , fecero una rapida doccia e si tuffarono nella prima avventura: la visita al Taj Mahal.
Sonia restò affascinata dallo splendido mausoleo situato ad Agra per la sua storia, mentre Edith fu colpita dalla bellezza del tempio.
Il giorno seguente visitarono la caotica Bombay, dove acquistarono vari souvenir, ma l’avventura più esaltante era prevista per il martedì. Si svegliarono all’alba pregustando la scoperta dell’Himalaya e dopo un lungo viaggio in pullman giunsero in quel posto magico. Cominciarono ad addentrarsi con la guida locale in zone sconosciute, in mezzo a piante rigogliose ed alla natura selvaggia. Chiacchierando animatamente non si resero conto di aver perso il gruppo ed all’improvviso si ritrovarono sole. Il panico incominciò ad assalirle, mentre lacrime copiose scendevano sul viso di Edith, Sonia urlava a squarciagola sperando nell’aiuto di qualcuno. Dopo vari tentativi falliti, all’imbrunire, dietro un cespuglio lontano apparve, in una nuvola di fumo, un monaco buddista.
Le ragazze rassicurate dal suo sguardo dolce, cominciarono a seguire il monaco che lasciava dietro di sé una scia profumata che indicava loro la strada del ritorno.
Fu così che si ritrovarono a percorrere un sentiero tortuoso che le condusse ad un’enorme cascata. Videro scendere in quell’immenso scintillare di gocce delle pietre preziose che finivano tutte nello scorrere del fiume. Ad un certo punto, dopo che le ragazze si furono dissetate con l’acqua fresca, il sole improvvisamente rispuntò ed una marea di piccoli cerbiatti iniziò a risalire il fiume correndo verso le praterie. Sonia ed Edith, sbalordite ed estasiate, sorrisero alla vista di questo magnifico spettacolo.
Riapparve il monaco che finalmente le condusse all’albergo, sane e salve.
Nei giorni seguenti le due amiche continuarono la vacanza visitando altre città indiane, amando ogni giorno di più i luoghi conosciuti, soprattutto per la pace interiore, la serenità, la gioia che infondevano loro.
La sorpresa più grande però la ricevettero al ritorno a casa. Sonia ed Edith si videro recapitare, contemporaneamente e direttamente dall’India, un mappamondo con una busta che, appena aperta, rilasciò lo stesso profumo emanato dal monaco. Nel biglietto che conteneva vi era scritto: il vostro sogno è stato esaudito …!!!
Laura D.
Leggi anche il resoconto dello scrittore adottato Giorgio Fontana
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